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Esterometro e fatturazione elettronica: quali dati trasmettere e relativi termini

Le operazioni effettuate da soggetti passivi IVA italiani nei confronti di controparti non stabilite in Italia richiedono la trasmissione dei relativi dati al Sistema di Interscambio (SdI) nell’ambito del c.d. “esterometro”, ai sensi dell’art. 1 comma 3-bis del DLgs. 127/2015.

L’emissione di una “autentica” fattura elettronica non è, infatti, dovuta laddove la controparte non sia stabilita in Italia.

Il discrimine tra i due diversi adempimenti, tuttavia, è molto sottile e la principale differenza si concretizza sotto il profilo sanzionatorio.

La tardiva/omessa fatturazione è soggetta alle sanzioni di cui all’art. 6 del DLgs. 471/97, mentre nel caso in cui le medesime violazioni siano commesse con riguardo all’esterometro, trovano applicazione le più miti disposizioni ex art. 11 comma 2-quater del DLgs. 471/97.

Nella sostanza, in entrambi i casi la trasmissione dei dati avviene con un documento in formato XML trasmesso al SdI (per le comunicazioni transfrontaliere, dal 1° luglio 2022).

Per quanto concerne le operazioni attive, risultano allineati anche i termini di emissione, posto che, secondo l’art. 1 comma 3-bis lett. a) del DLgs. 127/2015, “la trasmissione telematica dei dati relativi alle operazioni svolte nei confronti di soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato è effettuata entro i termini di emissione delle fatture o dei documenti che ne certificano i corrispettivi”.

Ciò non significa, peraltro, che l’emissione dell’una (fattura) e l’invio dell’altro (esterometro) debbano necessariamente realizzarsi in una data coincidente (cfr. circolare Agenzia delle Entrate n. 26/2022).

Si pensi alle cessioni intracomunitarie (per le quali non sussiste obbligo di fatturazione elettronica).

In tal caso la fattura va emessa entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione, “con l’indicazione, in luogo dell’ammontare dell’imposta, che si tratta di operazione non imponibile (…)” (art. 46 comma 2 del DL 331/93). Medesimo è il termine per trasmettere i dati delle operazioni transfrontaliere.

Tuttavia se, ad esempio, la cessione fosse effettuata il 2 ottobre 2023 e la fattura fosse emessa, in formato analogico, il 31 ottobre, l’invio dei dati per l’esterometro potrebbe avvenire – regolarmente – il 10 novembre.

La perfetta coincidenza fra i due adempimenti potrebbe non sussistere neppure con riguardo ai dati da indicare nei file.

L’Amministrazione finanziaria ha infatti chiarito che nel caso in cui per la predisposizione dell’esterometro venga utilizzato un software differente da quello che si usa per generare le fatture elettroniche da emettere verso controparti non stabilite in Italia, “il campo 2.2.1.4 <Descrizione> potrà essere valorizzato – in via semplificativa – riportando la parola «BENI» ovvero la parola «SERVIZI» o, se nella fattura sono riportati sia beni che servizi, le parole «BENI E SERVIZI», rinviando, altresì, alla descrizione contenuta nella fattura emessa” (si veda ancora circ. n. 26/2022).

Nondimeno, al fine di ridurre gli adempimenti contabili, la comunicazione transfrontaliera potrebbe essere sostituita, su base facoltativa, dall’emissione di una fattura elettronica via SdI ex art. 1 comma 3 del DLgs. 127/2015.

In questo senso, occorre porre particolare attenzione ad alcuni aspetti di carattere operativo.

In ipotesi di fattura emessa verso soggetti non stabiliti in Italia e inviata al SdI, nel campo “Codice Destinatario”, va riportato il valore “XXXXXXX”, al fine di trasmettere i dati ex art. 1 comma 3-bis del DLgs. n. 127/2015; in tal caso “il sistema controlla che il campo IdPaese del cessionario/committente contenga un valore diverso da «IT»: diversamente il file viene scartato con codice errore 00313” (cfr. Specifiche tecniche allegate sub A al provv. n. 433608/2022).

Quanto all’indicazione dei dati del cessionario o committente, il campo “IdFiscaleIVA” va valorizzato:

  • con la partita IVA italiana per i soggetti esteri operanti in Italia e identificati direttamente o mediante un rappresentante fiscale o
  • con l’identificativo fiscale assegnato dall’autorità del Paese per i soggetti non residenti e non identificati.
Nell’esterometro anche le operazioni territorialmente rilevanti

Nel novero delle operazioni con soggetti non stabiliti in Italia sono comprese sia quelle rilevanti ai fini IVA nel territorio dello Stato ex art. 7 ss. del DPR 633/72 che quelle prive del presupposto territoriale.

In entrambi i casi, la comunicazione al SdI è dovuta (circ. Agenzia delle Entrate n. 26/2022 e risposta a interpello n. 85/2019). Si ricorda, tuttavia, che alle prime dovrà essere applicata l’imposta (salvo il sussistere di un titolo di non imponibilità o di esenzione), mentre per le cessioni e prestazioni carenti del requisito di territorialità, in assenza dell’imposta, nel file XML si indicherà il codice “N2.1” (“Non soggette a IVA ai sensi degli artt. da 7 a 7-septies del DPR 633/72”).
 

(MF/ms)




Esterometro: chiarimenti sulle operazioni esenti e relativa fatturazione

La generalità delle operazioni la cui controparte non è stabilita in Italia richiede la presentazione del c.d. “esterometro” o, in alternativa, la produzione di un documento in formato elettronico trasmesso via Sistema di Interscambio.

La certificazione dell’operazione – mediante l’una o l’altra modalità – avviene, dal 1° luglio 2022, secondo lo stesso schema operativo (compilazione di un file XML in base alle specifiche tecniche della fattura elettronica).

Ciò in cui l’adempimento del c.d. “esterometro” si diversifica rispetto alla fatturazione sono, essenzialmente, le conseguenze sanzionatorie derivanti da omissioni o errori.

Fatte queste premesse, è da rilevare come siano escluse dall’obbligo comunicativo alcune operazioni transfrontaliere fuori campo IVA.

L’art. 12 del Dl 73/2022, infatti, modificando l’art. 1 comma 3-bis del Dlgs. 127/2015, ha escluso il c.d. “esterometro” per ciascun acquisto di beni e servizi non rilevante territorialmente ai fini IVA in Italia ai sensi degli artt. da 7 a 7-octies del Dpr 633/72, qualora di importo non superiore a 5.000 euro.

Nessuna deroga è prevista per le prestazioni esenti da imposta, come quelle a carattere finanziario.

Per quanto concerne le prestazioni finanziarie in regime di esenzione, rese da un soggetto passivo italiano nei confronti di privati consumatori non stabiliti in Italia, ai fini della presentazione del c.d. “esterometro”, bisogna distinguere a seconda che il committente sia:

  • domiciliato o residente nell’Unione europea;
  • domiciliato e residente al di fuori dell’Ue.
Se il fornitore è un soggetto passivo italiano, le prestazioni di servizi finanziari B2C sono in via ordinaria, rilevanti ai fini IVA in Italia, ai sensi dell’art. 7-ter comma 1 lett. b) del Dpr 633/72.

A questo criterio generale si deroga quando il committente è domiciliato e residente al di fuori dell’Unione europea: in tal caso, infatti, il servizio non è rilevante in Italia (art. 7-septies lett. d) del Dr 633/72).

Nell’ipotesi più generale (dunque, quando il cliente “privato consumatore” è domiciliato o residente nell’Ue) la comunicazione da parte del prestatore è sempre obbligatoria, a prescindere dall’importo della transazione e dalla natura esente del servizio.

È stato chiarito, infatti, che la trasmissione dei dati deve “avere ad oggetto tutte le operazioni con soggetti esteri, ivi compresi i consumatori” (circ. Agenzia delle Entrate n. 26/2022, § 1.1).

La fattura, però, non è obbligatoria se il servizio finanziario rientra tra le prestazioni esenti di cui all’art. 10 nn. 1), 2), 3), 4), 5) o 9) del DPR 633/72, né vi è l’obbligo di trasmissione telematica dei corrispettivi (art. 2 comma 1 lett. m) e n) del DPR 696/96 e art. 1 comma 1 lett. a) del DM 10 maggio 2019).

Nella diversa ipotesi in cui il cliente sia domiciliato e residente al di fuori dell’Ue, l’operazione è, come detto, fuori campo IVA, ma risulta comunque dovuta la presentazione del c.d. “esterometro”. È, inoltre, richiesta l’emissione della fattura con l’annotazione “operazione non soggetta” ex art. 21 comma 6-bis del DPR 633/72 (o, in caso di fattura elettronica, il codice natura “N2.1”).

Diverse considerazioni valgono, invece, per i servizi finanziari in ambito B2B.

Se il servizio è reso da un soggetto passivo italiano nei confronti di un soggetto stabilito al di fuori del territorio dello Stato, la prestazione non rileva ai fini IVA in Italia (art. 7-ter comma 1 lett. a) del Dpr 633/72).

Tale elemento non comporta l’obbligo di emissione della fattura se il servizio è esente ex art. 10 nn. 1), 2), 3), 4) o 9) del DPR 633/72 ed è reso a un soggetto passivo Ue, ma richiede la compilazione del c.d. “esterometro”.

Anche nel caso dei servizi esenti che un soggetto passivo nazionale riceve da un soggetto non residente, non è contemplata alcuna esclusione dal c.d. “esterometro”. Sono, quindi, comunicati anche i dati dei servizi ricevuti di importo inferiore o pari a 5.000 euro: detti servizi sono territorialmente rilevanti ai fini IVA in Italia, ancorché esenti quando rivestono carattere finanziario ex art. 10 del DPR 633/72.

In merito all’obbligo di presentazione del c.d. “esterometro” per l’acquisto di servizi in regime di esenzione, una conferma espressa è stata fornita dalla risposta a interpello Agenzia delle Entrate n. 91/2020, avente a oggetto i servizi di pagamento elettronici forniti da una società del Regno Unito a una società italiana, addebitando a quest’ultima specifiche fee sulle transazioni elettroniche effettuate.

L’acquisto effettuato dal soggetto passivo nazionale richiede comunque, ai sensi dell’art. 17 comma 2 del DPR 633/72, l’“integrazione” della fattura ricevuta (se il fornitore è Ue) o l’emissione di un’autofattura (se il fornitore è extra Ue), indicando il titolo di esenzione e annotando il documento sia nel registro degli acquisti che nel registro delle vendite (circ. Agenzia delle Entrate n. 12/2010, § 3.1).

A livello gestionale, il file XML relativo all’acquisto effettuato, in quanto riferito a un’operazione esente, dovrà essere compilato con il codice “N4”.
 

(MF/ms)




Esterometro: sanzioni per omessa presentazione o errori

Ove il professionista o il contribuente si accorga successivamente della mancata registrazione in contabilità di una fattura estera, uno dei problemi a cui si dovrà porre rimedio riguarda sicuramente il mancato inserimento della stessa nella comunicazione delle operazioni transfrontaliere (c.d. “esterometro”). Come procedere allora per sanare la situazione?

Al riguardo si ricorda in primo luogo che la disciplina sanzionatoria del c.d. “esterometro” è stata riformata dalla Legge n. 178/2020 (Legge di Bilancio 2021) con efficacia dal 1° luglio 2022 (l’art. 13 del D.L. n. 73/2022 ha infatti posticipato l’entrata in vigore delle modifiche dal 1° gennaio 2022 al 1° luglio 2022).

Il novellato art. 11, comma 2-quater, del D.Lgs. n. 471/1997 prevede, quindi, nel caso di omessa o di errata comunicazione dei dati delle operazioni transfrontaliere, l’applicazione di una sanzione amministrativa pari a 2 euro per ciascuna fattura, entro il nuovo limite massimo di 400 euro mensili.

La sanzione si riduce alla metà, entro il limite massimo di 200 euro per ciascun mese, qualora la trasmissione sia effettuata entro i quindici giorni successivi alle scadenze stabilite dall’art. 1, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 127/2015, o laddove, nel medesimo termine, sia effettuata la trasmissione corretta dei dati.

Quindi l’invio dei dati deve avvenire:

  • per le operazioni attive (nei confronti di soggetti non stabiliti in Italia), entro il termine di emissione delle fatture o dei documenti che certificano i corrispettivi;
  • per le operazioni passive (da soggetti non stabiliti in Italia), entro il quindicesimo giorno del mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l’operazione o del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.
Per quanto concerne le sanzioni relative alla comunicazione delle operazioni con l’estero, dovrebbe comunque essere applicabile l’istituto del ravvedimento operoso (art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997), al pari di quanto avviene per le sanzioni in tema di fatturazione (ovvero autofatturazione).

Sebbene la prassi non si sia pronunciata espressamente in tema di “esterometro”, si ritiene valido quanto era stato indicato nella risoluzione n. 87/E/2017 in tema di comunicazione dei dati delle fatture (adempimento ormai abolito). L’istituto del ravvedimento operoso consente, tra l’altro, la riduzione della sanzione a 1/8 del minimo, se la regolarizzazione avviene entro il “termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall’omissione o dall’errore” (art. 13, comma 1, lett. b, del D.Lgs. n. 472/1997).

Al riguardo, la risoluzione n. 104/E/2017 precisa che il termine finale per il ravvedimento va computato con riferimento al termine di presentazione della dichiarazione IVA.
 

(MF/ms)




Esterometro, chiarimenti dall’Agenzia delle Entrate

Nel corso di un incontro con la stampa specializzata l’Agenzia delle Entrate ha fornito dei chiarimenti in ordine all’inclusione nell’esterometro di alcune operazioni effettuate con controparti non stabilite ai fini Iva in Italia.

Nel ricordare che l’adempimento comunicativo in questione, previsto dall’articolo 1, comma 3-bis, Dlgs. 127/2015, non ha la funzione di mero controllo delle operazioni rilevanti ai fini Iva effettuate tra soggetti passivi, ma piuttosto il monitoraggio di tutte quelle in cui una delle parti è “estera”, il primo chiarimento ha avuto ad oggetto le cessioni intracomunitarie cd. “in conto proprio” di cui all’articolo 41, comma 2, lett. c), Dl. 331/1993, ossia il trasferimento di beni dall’Italia verso un altro Stato Ue per esigenze della propria impresa, con successiva vendita all’interno del territorio di tale altro Stato membro a favore di soggetto ivi stabilito.

L’operazione comporta uno “sdoppiamento” ai fini Iva, poiché l’invio dei beni in altro Stato membro per esigenze della propria impresa costituisce una cessione intracomunitaria “assimilata” a favore della partita Iva identificata del soggetto italiano attivata nello Stato membro di invio (o del suo rappresentante fiscale).

La successiva cessione del bene a favore di un acquirente stabilito nello Stato membro in cui sono stati inviati i beni costituisce una cessione interna in tale Stato fuori campo Iva in Italia per carenza del presupposto territoriale (articolo 7-bis Dpr. 633/1972), ma soggetta all’obbligo di fatturazione ex articolo 21, comma 6-bis, lett. a, Dpr. 633/1972.

Si è chiesto all’Agenzia con quali modalità deve essere compilato l’esterometro relativamente alle “due” cessioni descritte.

L’Agenzia ha precisato che per la prima cessione (intracomunitaria assimilata), considerando che la stessa avviene con sé stessi, non sussiste l’obbligo di compilazione dell’esterometro, ma è sufficiente l’invio tramite Sdi di una fattura elettronica (TD01) indicando nel blocco “cessionario/committente” la partita Iva estera identificata e nel campo “codice destinatario” l’indirizzo dello stesso cedente in modo che la fattura gli sia recapitata direttamente.

Per quanto riguarda invece la “seconda” cessione (interna nello Stato membro di invio e fuori campo Iva in Italia) sussiste l’obbligo di compilazione dell’esterometro indicando il codice Natura Iva “N.2.1” (operazioni non soggette ad Iva per carenza del presupposto territoriale).

L’Agenzia osserva che nella modulistica Iva le operazioni descritte devono essere entrambe indicate sia nella LIPE (rigo VP2 del periodo di riferimento) sia nella dichiarazione Iva (nel rigo VE30, campo 3, la cessione intracomunitaria “assimilata” e nel rigo VE34 la cessione fuori campo per carenza del presupposto territoriale).

Il secondo chiarimento ha riguardato l’acquisto di beni usati (auto) con regime del margine da fornitore soggetto passivo in altro Stato Ue a favore di un rivenditore di auto italiano.

Si è chiesta conferma dell’utilizzo del tipo documento TD19 per l’inserimento nell’esterometro, trattandosi di un’operazione fuori campo Iva in Italia (Iva dovuta nello Stato del fornitore che ha applicato il regime del margine) e non del TD18 riferito agli acquisti intracomunitari di beni soggetti ad inversione contabile in Italia.

L’Agenzia conferma che, una volta verificato che il fornitore comunitario abbia realizzato una cessione con utilizzo del regime del margine, è corretto inserire nell’esterometro l’operazione con il TD19 indicando il codice natura N2.2.

Al contrario, qualora il cedente comunitario realizzi una cessione intracomunitaria (ad esempio perché ha rinunciato all’applicazione del regime del margine), il cessionario soggetto passivo in Italia effettua un acquisto intracomunitario soggetto a reverse charge con conseguente invio allo Sdi, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo comunicativo, di un TD18.

(MF/ms)




Buoni acquisto: chiarimenti sull’eventuale presentazione dell’esterometro

L’acquisto di buoni multiuso da soggetti non residenti in Italia non deve confluire nel c.d. “esterometro”, trattandosi di un acquisto che non configura né una cessione di beni né una prestazione di servizi.

L’interessante chiarimento è stato formulato dall’Agenzia delle Entrate nella risposta a interpello n. 579 del 30 novembre.

Il caso riguarda una società che, operando nel settore del welfare aziendale, è solita effettuare acquisti qualificabili come buoni corrispettivo “multiuso”, ai sensi dell’art. 6-quater del Dpr 633/72.

Per gli acquisti da fornitori esteri, si poneva il dubbio relativo agli obblighi di presentazione del c.d. “esterometro”, previsti dall’art. 1 comma 3-bis del Dlgs. 127/2015, per le operazioni che intercorrono con soggetti non stabiliti in Italia (in via complementare agli obblighi di fatturazione elettronica per i soggetti ivi stabiliti).

Per costante prassi dell’Agenzia delle Entrate (da ultimo, circolare n. 26/2022), ai fini dell’obbligo comunicativo, “non è significativo il fatto che l’operazione sia o meno rilevante, ai fini Iva, nel territorio nazionale”.

Rispetto a questa affermazione, con la risposta a interpello, viene fornita un’ulteriore precisazione.

L’Agenzia delle Entrate, opportunamente, specifica che “seppure l’assenza di rilevanza territoriale dell’operazione non costituisca elemento escludente ai fini dell’esterometro” (salvo si tratti di acquisti di importo pari o inferiore a 5.000 euro, a seguito delle modifiche del Dl 73/2022), una “operazione” deve comunque sussistere.

Nella fattispecie oggetto dell’interpello, ciò non si verifica.

La disciplina dei buoni corrispettivo “multiuso”, difatti, prevede l’esclusione da Iva sino al momento in cui il buono è accettato in contropartita di una cessione di beni o di una prestazioni di servizi.

Come dispone l’art. 6-quater comma 2 del Dpr 633/72, in conformità alla direttiva 2016/1065/Ue, “ogni trasferimento di un buono-corrispettivo multiuso precedente alla accettazione dello stesso come corrispettivo o parziale corrispettivo della cessione dei beni o della prestazione dei servizi a cui il buono-corrispettivo dà diritto non costituisce effettuazione di detta cessione o prestazione”.

Non si verte, dunque, in presenza di una cessione di beni o di una prestazione di servizi (il cui cessionario o committente sia un soggetto passivo d’imposta residente o stabilito in Italia).

Il mero trasferimento (acquisto, nel caso di specie) del buono “multiuso” non ha rilevanza ai fini Iva, al pari di una cessione di denaro o di crediti in denaro ex art. 2 comma 3 lett. a) del Dpr 633/72.

Conclusioni opposte nel caso del trasferimento di buoni monouso

A conclusioni del tutto opposte si dovrebbe, invece, giungere nel caso del trasferimento di buoni “monouso”.

Ogni trasferimento di un buono “monouso” precedente la cessione dei beni o la prestazione di servizi cui il buono dà diritto costituisce, comunque, effettuazione di detta cessione o prestazione. Pertanto, nel caso dei buoni monouso, l’Iva diviene esigibile sia all’atto dell’emissione del buono, sia all’atto dei successivi trasferimenti.

Questo comporterebbe, per gli acquisti effettuati presso fornitori non stabiliti in Italia, l’obbligo di presentazione dell’esterometro, ferma restando l’esclusione prevista per le cessioni o prestazioni di importo non superiore a 5.000 euro prive di rilevanza territoriale ai fini Iva in Italia (artt. 7-7-octies del Dpr 633/72), a seconda del luogo di ubicazione del bene o della natura del servizio ricevuto.

(MF/ms)
 




Esterometro: operazioni da dichiarare e da escludere

Per le operazioni effettuate a decorrere dal 1° luglio 2022, il c.d. “esterometro” si presenta secondo nuove modalità, vale a dire trasmettendo al SdI un file XML contenente i dati delle cessioni e prestazioni che intercorrono con controparti non stabilite in Italia.

Anche per contemperare il fatto che la comunicazione è adesso espletata, in modo “puntuale”, per singola operazione, il legislatore ha previsto l’esclusione per ciascun acquisto di beni e servizi non rilevante territorialmente ai fini Iva in Italia ai sensi degli artt. da 7 a 7-octies del Dpr 633/72, che sia di importo non superiore a 5.000 euro.

Lo dispone l’art. 12 del Dl 73/2022 (conv. L. 122/2022), c.d. decreto “Semplificazioni fiscali”, in vigore dal 22 giugno 2022.

Nel confermare l’esclusione per i predetti acquisti, laddove l’ammontare non superi 5.000 euro (valore da intendersi comprensivo dell’eventuale imposta), la circ. Agenzia delle Entrate n. 26/2022 ha ribadito che, a livello più generale, il c.d. “esterometro” monitora qualsiasi operazione in cui una delle parti è “estera” a prescindere dal fatto che essa sia o meno rilevante, ai fini Iva, nel territorio nazionale.

In sintesi, l’esclusione dall’adempimento, limitata agli acquisti, richiede l’assenza del presupposto territoriale del tributo (art. 7 ss. del Dpr 633/72).

Viceversa, a prescindere dall’importo, è bene rilevare che la comunicazione è dovuta per tutti gli acquisti territorialmente rilevanti ai fini Iva in Italia, ancorché esenti o non imponibili.

Un caso piuttosto frequente, a livello aziendale, è rappresentato dalle commissioni addebitate dalle società che offrono servizi digitali di pagamento, spesso non stabilite in Italia (es. Paypal).

Le somme sono generalmente di piccolo importo (non superiore a 5.000 euro). Tuttavia, esse rappresentano il corrispettivo di una prestazione di servizi rilevante ai fini Iva, seppure esente in quanto avente natura finanziaria (art. 10 comma 1 n. 1) del Dpr 633/72 e art. 135 par. 1 lett. d) della direttiva 2006/112/Ce).

In merito all’acquisto di servizi esenti, ai fini del c.d. “esterometro”, si era espressa la risposta a interpello Agenzia delle Entrate n. 91/2020, avente a oggetto i servizi di pagamento elettronici forniti da una società del Regno Unito a una società italiana, addebitando a quest’ultima specifiche fee sulle transazioni elettroniche effettuate.

L’acquisto effettuato dal soggetto passivo nazionale richiede, ai sensi dell’art. 17 comma 2 del Dpr 633/72, l’“integrazione” della fattura ricevuta (nel caso di fornitore Ue) o l’emissione di autofattura (nel caso di fornitore extra Ue), indicando il titolo di esenzione e annotando il documento sia nel registro degli acquisti che nel registro delle vendite (circ. Agenzia delle Entrate n. 12/2010, § 3.1).

A livello gestionale, il file xml relativo all’acquisto effettuato, in quanto riferito a un’operazione priva di imposta, dovrà essere compilato con il codice “N4” relativo alle operazioni esenti da IVA (secondo le specifiche tecniche versione 1.7).

In un’ottica di semplificazione, sarebbe auspicabile estendere anche a questa categoria di acquisti l’esclusione della comunicazione al di sotto dell’ammontare di una certa soglia, anche in ossequio al principio di effettività dell’Iva.

Acquisto di biglietti aerei da valutare

Un aspetto non ancora esaminato a livello ufficiale, in seguito all’introduzione della soglia da parte del Dl 73/2022, concerne gli acquisti in parte “fuori campo” e in parte non imponibili ai fini Iva, come nell’ipotesi dei biglietti aerei relativi a tratte internazionali.

Nella misura in cui la registrazione avviene scindendo la quota di corrispettivo fuori campo Iva ex art. 7-quater comma 1 lett. b) del Dpr 633/72 (cioè 62% per la distanza percorsa fuori dal territorio dello Stato) rispetto alla quota non imponibile ex art. 9 comma 1 n. 1 del Dpr  633/72 (cioè 38% per la distanza percorsa nel territorio nazionale), entrambi gli importi dovrebbero essere comunicati nell’ambito del c.d. “esterometro”.

Trattandosi di un’operazione rappresentata con un unico documento, non sembrerebbe possibile beneficiare dell’esclusione per gli acquisti di importo non superiore a 5.000 euro, formalmente riferita ai soli “acquisti di beni e servizi non rilevanti territorialmente ai fini Iva in Italia” e non a quelli che rilevano nel territorio dello Stato seppur in misura parziale (38%).

Si rammenta che, in base a una diversa impostazione, fondata sulla lettura della circ. Agenzia delle Entrate n. 37/2011 (§ 4.3), non sarebbe dovuta l’emissione dell’autofattura per le prestazioni di trasporto aereo, per effetto dell’esonero dall’obbligo di fatturazione previsto dall’art. 22 comma 1 n. 3) del Dpr 633/72. In assenza della fattura o di altro documento, si potrebbe ritenere che non sussista nemmeno l’obbligo di presentazione del c.d. “esterometro”, ai sensi dell’art. 1 comma 3-bis del Dlgs. 127/2015, adattando i chiarimenti forniti sul punto nella circolare n. 26/2022 in relazione alle operazioni (attive) ex art. 22 nei confronti di “privati consumatori”.

(MF/ms)




Esterometro: indicazione della fattura in valuta estera

La comunicazione transfrontaliera (c.d. “esterometro”), per le operazioni decorrenti dal 1° luglio 2022, è effettuata trasmettendo un file XML al Sistema di Interscambio, analogamente a quanto avviene per l’emissione delle fatture elettroniche.

Le operazioni sono così riepilogate in modo “puntuale”, diversamente dal passato.

Le nuove regole hanno, inoltre, comportato un’evoluzione rispetto al contenuto dei dati da inviare.

Come indicato anche nella circ. Agenzia delle Entrate n. 26/2022, il file Xml deve essere conforme alle specifiche tecniche della fattura elettronica versione 1.7 e, su tale file, il SdI “effettuerà gli usuali controlli formali previsti nelle medesime specifiche, tra cui la verifica della compilazione di tutti i campi obbligatori della fattura (ex articolo 21 del decreto Iva)“.

Sono, quindi, obbligatori tutti i campi riferiti alle informazioni stabilite dall’art. 21 del Dpr 633/72, motivo per cui occorre “mantenere coerenza tra i dati presenti nel documento (emesso extra SdI) e quelli riportati nel file Xml da trasmettere a SdI”.

La sola semplificazione, riconosciuta dalla circ. Agenzia delle Entrate n. 26/2022, concerne la “descrizione” dell’operazione, il cui campo del file Xml può essere valorizzato riportando le generiche parole “BENI”, “SERVIZI” oppure “BENI E SERVIZI”, a seconda dell’oggetto della fattura (nella quale, però, la descrizione dovrà essere dettagliata).

Tra i dati obbligatori ex art. 21 comma 2 lett. l) del Dpr 633/72, si annovera anche l’ammontare dell’imposta e dell’imponibile “con arrotondamento al centesimo di euro”.

In sostanza, la legislazione nazionale richiede l’indicazione in euro sia dell’imponibile che dell’imposta, per quanto l’art. 230 della direttiva 2006/112/Ce sia meno restrittivo, disponendo che “gli importi figuranti sulla fattura possono essere espressi in qualsiasi moneta, purché l’importo dell’Iva da pagare o da regolarizzare sia espresso nella moneta nazionale dello Stato membro utilizzando il meccanismo del tasso di conversione”.

Anche per l’esterometro si ripropone il tema della corretta compilazione del file Xml da parte dei soggetti passivi che, nell’ambito dei rapporti commerciali con Paesi al di fuori dell’area euro, per prassi riportano in fattura i predetti importi in valuta estera.

La circolare n. 26/2022, che ha esaminato diversi aspetti generali e operativi in materia di esterometro, non si è espressa sul punto.

Tale aspetto era, però, stato vagliato nella FAQ n. 64 dell’Agenzia delle Entrate sulla fatturazione elettronica, pubblicata il 19 luglio 2019, in risposta alla domanda di una società che chiedeva di poter indicare nei campi obbligatori del file Xml i relativi importi espressi in valuta estera, inserendo il corrispondente contro-valore in euro nei campi opzionali.

L’Agenzia aveva precisato che, nel tracciato Xml – nella sezione 2.1 <DatiGenerali> della fattura – deve essere obbligatoriamente valorizzato il campo 2.1.1.2 <Divisa>.

Se il documento è emesso da soggetti residenti o stabiliti in Italia (come accade per le operazioni monitorate nell’esterometro, in cui una delle due parti è un soggetto stabilito), il codice da inserire nel campo <Divisa> deve essere obbligatoriamente “EUR” e i valori da riportare nelle singole righe dei <DatiRiepilogo> e, in particolare, nei campi 2.2.2.5 <ImponibileImporto> e 2.2.2.6 <Imposta> devono essere coerenti con tale valuta.

Per includere nel file Xml anche la valuta estera, a fini gestionali, sono indicate due soluzioni mediante l’utilizzo del campi opzionali, ossia quello previsto:

  • nel blocco 2.2.1.3 <CodiceArticolo> (il campo <CodiceTipo> si userà per l’indicazione della divisa secondo lo standard ISO 4217 alpha-3:201 e il campo <CodiceValore> si userà per riportare l’importo nella divisa prescelta);
  • nella sezione 2.2.1.16 <AltriDatiGestionali>.
È stata, comunque, ammessa la valorizzazione del campo “Divisa” con una valuta diversa dall’euro ma, in tale ipotesi, per rispettare il dettato dell’art. 21 del Dpr 633/72, l’operatore dovrà:
  • specificare in fattura (anche nei campi descrittivi) che gli importi dell’imponibile e dell’Iva delle singole righe e dei dati di riepilogo sono espressi in euro e che solo l’importo totale della fattura (sul quale il SdI non effettua verifiche) si intende in valuta estera;
  • tenere conto che i valori delle singole righe dei <DatiRiepilogo> e, in particolare, dei campi 2.2.2.5 <ImponibileImporto> e 2.2.2.6 <Imposta> sono assunti in euro da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Esclusi gli acquisti fuori campo sino a 5.000 euro

Le considerazioni sin qui esposte dovrebbero valere, tra l’altro, anche per l’emissione di autofatture ai sensi dell’art. 17 comma 2 del Dpr 633/72.

Nella circostanza, va rammentato che l’art. 12 del Dl 73/2022 (conv L. 122/2022) ha escluso l’obbligo comunicativo nel caso di acquisti di beni e servizi non rilevanti territorialmente ai fini IVA in Italia ai sensi degli artt. da 7 a 7-octies del Dpr 633/72, qualora siano di importo non superiore a 5.000 euro.

(MF/ms)
 




Integrazione della fattura pienamente sostituiva dell’esterometro

Il file xml con i codici TD17, TD18, TD19 rileva anche a fini probatori e sostituisce la conservazione.

Con la circolare n. 26 del 13 luglio 2022, l’Agenzia delle Entrate si è anche espressa in merito alla valenza dei file xml compilati con i codici TD17, TD18 e TD19, relativi ad acquisti che un operatore economico nazionale pone in essere da controparti non stabilite in Italia.

La prova dell’avvenuta trasmissione e dell’adempimento dell’obbligo comunicativo di cui all’art. 1 comma 3-bis del Dlgs. 127/2015, secondo quanto chiarito, è data dal file xml contenente i predetti codici e dalla ricevuta generata dal Sistema di Interscambio all’atto del loro invio e della conseguente ricezione.

L’Agenzia osserva, tuttavia, che tra i documenti richiamati sussiste una differenza a seconda che siano utilizzati a fini integrativi oppure sostitutivi delle fatture.

Ha finalità sostitutiva l’utilizzo del codice TD17 per l’acquisto di servizi da soggetti extra-Ue e il codice TD18 per l’acquisto di beni ai sensi dell’art. 17 comma 2 del Dpr 633/72, ossia nei casi in cui è prescritta l’applicazione del reverse charge mediante emissione di autofattura.

Ha finalità integrativa l’utilizzo dei codici TD17 e TD19 per l’acquisto domestico rispettivamente di servizi e beni da soggetti Ue e l’utilizzo del codice TD18 per l’acquisto intra-Ue di beni, tutte fattispecie per le quali l’art. 46 Dl 331/93, in via diretta o mediata, prescrive l’applicazione del reverse charge mediante integrazione del documento ricevuto dal fornitore comunitario.

In verità, in termini sistematici, l’integrazione è un’azione di completamento della fattura emessa dalla controparte, non di “sostituzione” dello stesso, come invece avviene per l’autofattura.

Sembra ragionevole ritenere che le spiegazioni di cui si è appena dato conto siano riferibili all’utilizzo dei tre codici documento non già ai fini dell’esterometro, quanto ai fini dell’effettuazione dell’inversione contabile in via elettronica. Naturalmente, rispetto a questa interpretazione sarebbe auspicabile una conferma ufficiale.

In altre occasioni, nella circolare n. 26/2022, l’Agenzia delle Entrate ha, così, osservato, che l’obbligo comunicativo non si sostituisce all’obbligo di emissione dell’autofattura e di integrazione delle fatture Ue, ma, in un certo qual senso, procede da questi.

Gli effetti delle due diverse modalità applicative del reverse charge, ossia in via elettronica (con esonero dall’obbligo comunicativo) o in via analogica (con conseguente presentazione dell’esterometro), ha effetti ai fini probatori, nonché in termini di oneri di conservazione, ecc.

L’Agenzia delle Entrate ha, peraltro, precisato che i due obblighi in questione (da un lato l’emissione dell’autofattura o l’integrazione del documento ricevuto e, dall’altro, la comunicazione dell’esterometro) sono, in termini generali, da considerarsi autonomi tra loro.

Ne è prova il fatto che i termini per l’assolvimento dell’Iva  e per l’annotazione delle fatture passive non sono influenzati dalle modifiche relative ai termini di trasmissione dell’esterometro, né i suddetti termini influiscono sul dies a quo per l’esercizio del diritto alla detrazione.

Resta fermo, come già previsto in passato, che un unico adempimento (vale a dire la trasmissione al SdI) può soddisfare entrambi gli obblighi previsti a livello normativo.

Viceversa, l’integrazione in via analogica della fattura ricevuta (così come l’emissione dell’autofattura in formato tradizionale) assolve gli obblighi di cui all’art. 17 comma 2 del DPR 633/72, ma non quelli comunicativi di cui all’art. 1 comma 3-bis del Dlgs. 127/2015.

Sanzione “fissa” per l’omesso invio dei dati

Se i dati non sono trasmessi al SdI, pertanto, si applica la sanzione per omessa o errata comunicazione delle operazioni transfrontaliere, a norma dell’art. 11 comma 2-quater del Dlgs. 471/97, corrispondente a 2 euro per ciascuna fattura i cui dati sono stati omessi o errati.

La normativa ha fissato un massimo di 400 euro per ciascun mese ovvero di 200 euro, se la trasmissione dei dati è effettuata correttamente entro i 15 giorni successivi ai termini di legge.

La descritta disciplina sanzionatoria (originariamente prevista per le operazioni effettuate dal 1° gennaio 2022) si applica a decorrere dal 1° luglio 2022. Così ha previsto l’art. 13 del Dl 73/2022, in corso di conversione in legge.

(MF/ms)
 




Cosa succede in caso di triangolazione comunitaria e esterometro

Dal 1° luglio 2022 sono entrate in vigore le nuove modalità di comunicazione delle operazioni effettuate con l’estero; i soggetti passivi Iva stabiliti in Italia devono inviare telematicamente all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato.

Restano escluse dall’adempimento le operazioni con bolletta doganale (esportazioni e importazioni), quelle per le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche, nonché quelle relative ad acquisti di beni e servizi non rilevanti territorialmente ai fini Iva in Italia ai sensi degli articoli da 7 a 7 -octies Dpr 633/1972; in quest’ultimo caso solo se di importo non superiore a 5.000 euro.

Con riferimento alle operazioni effettuate a partire dal 1° luglio 2022, i dati di cui sopra vanno trasmessi telematicamente utilizzando il Sistema di interscambio secondo il formato della fatturazione elettronica. Con riferimento alle medesime operazioni:

  1. la trasmissione telematica dei dati relativi alle operazioni svolte nei confronti di soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato è effettuata entro i termini di emissione delle fatture o dei documenti che ne certificano i corrispettivi;
  2. la trasmissione telematica dei dati relativi alle operazioni ricevute da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato è effettuata entro il quindicesimo giorno del mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l’operazione o di effettuazione dell’operazione.
Si propone il caso di una triangolazione Iva comunitaria in cui il soggetto promotore italiano è coinvolto nella duplice veste di acquirente/cedente, evidenziando il trattamento Iva e le conseguenti modalità di trasmissione dei dati ai fini della comunicazione delle operazioni transfrontaliere.

Nello specifico, ipotizziamo un’operazione triangolare in cui un soggetto passivo Iva italiano venda dei beni ad un cliente comunitario (es. tedesco) e chieda al proprio fornitore intra-Ue (es. francese) di consegnare la merce direttamente in Germania, designando il cliente finale (tedesco) quale debitore dell’imposta. La merce, nel caso di specie, viaggia direttamente dalla Francia alla Germania.

L’operazione descritta, disciplinata dagli articoli 141 e 197 Direttiva 2006/112/CE, nel nostro ordinamento interno è regolata dall’articolo 40, comma 2, Dl. 331/1993 secondo cui: l’acquisto intracomunitario si considera effettuato nel territorio dello Stato quando l’acquirente è ivi soggetto d’imposta, salvo che sia comprovato che l’acquisto è stato assoggettato ad imposta in altro Stato membro di destinazione del beneÈ comunque effettuato senza pagamento dell’imposta l’acquisto intracomunitario di beni spediti o trasportati in altro Stato membro se i beni stessi risultano ivi oggetto di successiva cessione a soggetto d’imposta nel territorio di tale Stato o ad ente ivi assoggettato ad imposta per acquisti intracomunitari e se il cessionario risulta designato come debitore dell’imposta relativa.

Pertanto, ai fini Iva, il promotore italiano riceve una fattura dal fornitore francese senza Iva che integra come non imponibile Iva, ai sensi dell’articolo 40, comma 2 D.L. 331/1993; l’integrazione, senza applicazione dell’imposta, potrà essere assolta alternativamente:

  • sulla fattura cartacea del fornitore, ai sensi degli articoli 46 e 47 Dl. 331/1993, annotando sulla stessa che trattasi di operazione non imponibile ex articolo 40, comma 2, Dl. 331/1993;
  • trasmettendo un file xml al Sistema di Interscambio con Tipo documento TD18 e Natura operazione N3.2.
Sul punto la Guida alla compilazione della fatturazione elettronica e dell’esterometro (versione 1.7) precisa che il codice N3.2 va adoperato nel caso di fattura trasmessa via SdI per corrispettivi delle cessioni intracomunitarie e per alcune triangolazioni comunitarietra cui:
  • l’ipotesi di cessione di merce da parte di un soggetto nazionale che faccia consegnare la stessa dal proprio fornitore Ue al proprio cessionario di altro Stato membro ivi designato al pagamento dell’imposta relativa all’operazione (triangolare comunitaria promossa da soggetto passivo nazionale).
Chi si avvale dell’integrazione “elettronica”, con la trasmissione del file TD18 assolve contestualmente anche alla comunicazione dell’esterometro, secondo le nuove modalità di invio.

Diversamente, chi sceglie di proseguire con l’integrazione fisica del documento cartaceo, dovrà trasmettere comunque l’esterometro (inviando un file xml TD18 con Natura N3.2) entro il 15 del mese successivo a quello di ricevimento della fattura da parte del fornitore Ue.

Con riferimento al lato attivo, invece, il cedente nazionale emette una fattura non imponibile ai sensi dell’articolo 41, comma 1, lettera a), Dl 331/1993 nei confronti del cliente tedesco, designandolo quale debitore dell’imposta, inserendo un’esplicita dicitura in fattura in tal senso.

L’operazione infine dovrà essere trasmessa allo SdI entro 15 del mese successivo all’effettuazione dell’operazione, inserendo all’interno del file xml la Natura operazione N3.2 e il codice destinatario XXXXXXX.

(MF/ms)

 
 




Esterometro: alcuni chiarimenti dall’Agenzia delle Entrate

Con la circolare n. 26, pubblicata il 13 luglio, l’Agenzia delle Entrate ha fornito gli attesi chiarimenti relativi alla comunicazione delle operazioni transfrontaliere (c.d. “esterometro”), la cui disciplina ha subito significative modifiche a decorrere dallo scorso 1° luglio.

Innanzitutto viene precisato che gli obblighi di integrazione ed autofatturazione per l’applicazione dell’Iva in regime di reverse charge e l’invio dei dati con le nuove modalità restano due adempimenti distinti ed autonomi, ferma restando la possibilità, in alcuni casi, di eseguire un unico adempimento

L’Agenzia delle Entrate traccia poi la rotta interpretativa esplicitando che la finalità dell’esterometro non è più ravvisabile nel mero controllo delle operazioni rilevanti ai fini IVA, ma è di più ampio respiro e ricomprende il monitoraggio di tutte le operazioni in cui la controparte del soggetto passivo IVA residente in Italia è “estera”.

Ne segue che, seppure in assenza di espressa previsione normativa, la trasmissione dei dati deve riferirsi non solo alle operazioni in cui la controparte è un operatore economico, ma anche a quelle poste in essere con privati consumatori.

Un’ulteriore declinazione del principio del monitoraggio omnicomprensivo è relativa all’ambito “qualitativo” del perimetro di osservazione nel quale ricadono tutte le operazioni, prescindendo dalla natura delle stesse ed in particolare dal fatto che rilevino territorialmente in Italia ai fini del tributo.

La sola limitazione concerne gli acquisti di beni e servizi non rilevanti territorialmente ai fini IVA in Italia (ai sensi degli articoli da 7 a 7-octies del DPR 633/72), i quali costituiscono oggetto di comunicazione solamente se il loro importo è di superiore a 5.000 euro.

L’invio dei dati delle operazioni transfrontaliere prevede che, per ogni operazione, venga trasmesso allo Sdi un  file xml conforme alle Specifiche Tecniche versione 1.7 sul quale verranno effettuati gli usuali controlli formali, tra cui la verifica della compilazione di tutti i campi obbligatori della fattura (ai sensi dell’articolo 21 Dpr 633/1972).

Tra i dubbi emersi in sede di prima applicazione del “nuovo” esterometro, si segnalano le incertezze in merito alla compilazione del campo deputato ad accogliere i dati descrittivi dell’operazione e su quale grado di dettaglio fornire.

Si pensi, ad esempio, alle cessioni di beni verso clienti esteri documentate da una fattura composta da svariate pagine, in presenza di più consegne effettuate nel mese nei confronti della medesima controparte, ovvero con diversi articoli/codici prodotto elencati nel corpo della fattura.

La problematica può riguardare, allo stesso modo, gli acquisti di beni da fornitore UE (Tipo documento TD18) oppure i servizi ricevuti dall’estero (TD17) e così via.

L’Agenzia delle Entrate interpellata circa la necessità di far coincidere i dati esposti nelle fatture cartacee estere (vendite e acquisti) con quelli trasmessi via SdI, introduce, sul punto, un’importante semplificazione 

In un primo momento, sembrava che il soggetto passivo nazionale dovesse inserire una descrizione dettagliata (in esecuzione dell’articolo 21, comma 2, lett. g), Dpr 633/1972), mentre l’Agenzia, richiamando l’esempio della compilazione della fattura differita (in cui è sufficiente il richiamo al documento di trasporto), ritiene sufficiente l’indicazione della parola “beni” o “Servizi” (o entrambe) in funzione dell’oggetto dell’operazione, rinviando altresì alla descrizione contenuta nella fattura emessa/ricevuta

Resta possibile allegare all’xml il pdf della fattura emessa ed inviata al cliente estero oppure allegare al Tipo documento TD17, TD18, TD19 il pdf della fattura del fornitore estero, incrementando la base informativa di dati a disposizione dell’Amministrazione finanziaria; in tal caso, chi usufruisce del servizio di conservazione messo a disposizione dall’Agenzia può considerare assolto l’obbligo di conservazione sostitutiva di tutti i documenti transitati tramite SdI (xml e fatture pdf, si rimanda ai paragrafi da 3.1 a 3.3, della citata circolare 26/E/2022).

Tra i vari chiarimenti forniti  spiccano quelli relativi ai termini di effettuazione dell’adempimento.

A differenza di quanto previsto dalla precedente comunicazione (valida per le operazioni sino al 30 giugno 2022), riprendendo le parole dell’Agenzia, “non vi è dunque un termine unico, fisso, ma mobile, legato a quello di emissione dei documenti che certificano i corrispettivi delle operazioni o, comunque, per gli acquisti, laddove tali documenti manchino oppure non siano tempestivi, a quello in cui le operazioni stesse si considerano effettuate”.

Per le operazioni attive, dunque, la trasmissione dei dati allo SdI deve avvenire entro l’ordinario termine di emissione della fattura ex art. 21 comma 4 del Dpr 633/72.

A tal fine, risulta irrilevante la circostanza che la fattura sia stata eventualmente emessa in via anticipata. Non è stata riconosciuta la possibilità di riferirsi al termine di annotazione dei documenti nel registro Iva delle vendite.

Nel caso delle cessioni intracomunitarie, ad esempio, l’invio dei dati al SdI nell’ambito dell’esterometro è da effettuarsi comunque “entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione” (art. 46 del Dl 331/93), anche qualora la fattura sia emessa in un momento diverso, purché nei limiti di legge (è consentito l’invio il 15 novembre 2022 dei dati riferiti a una cessione intracomunitaria effettuata il 1° ottobre 2022, la cui fattura è emessa il 31 dello stesso mese).

Il termine di emissione della fattura deve essere rispettato anche per la trasmissione dei dati delle cessioni di beni e prestazioni di servizi non soggette a Iva in quanto effettuate al di fuori dell’Ue. Nella fattispecie, vige il termine ordinario di 12 giorni dall’emissione della fattura (prevista ai sensi dell’art. 21 comma 6-bis del Dpr 633/72).

Qualora, invece, si sia in presenza di acquisti di servizi ricevuti da un soggetto extra Ue, l’invio dei dati al SdI dovrà avvenire entro il giorno quindici del mese successivo all’effettuazione dell’operazione, determinata secondo i criteri ordinari. Nel caso di specie, se si tratta di un servizio “generico”, si guarda al momento in cui le prestazioni sono ultimate (ovvero, se di carattere periodico o continuativo, alla data di maturazione dei corrispettivi), secondo quanto previsto dall’art. 6 comma 6 del Dpr 633/72.

(MF/ms)